Omofilia e Pedosessualità

pedofiliViste le vicende degli ultimi giorni, passando dalla proposta del Vaticano di non accettare preti gay, a quella della Binetti che sostiene l’idea, poi ritrattata, che omosessualità coincida con pedofilia, ho deciso di provare a fare un po’ di chiarezza su questi temi e di realizzare alcune ricerche.

Partiamo subito dal significato di omosessualità e pedofilia.

L’ omosessualità è l’orientamento sessuale caratterizzato da un’attrazione sessuale e/o affettiva per individui del proprio genere sessuale e può presentarsi in esclusiva orientamento omosessuale, che parziale orientamento bisessuale; la crisi della propria identità di genere viene definita  transessualismo.

Stabilire la percentuale di omosessuali nel mondo è assai complicato, anche perché l’omofobia dilagante fa sì che spesso in una situazione sociale pesante le stesse persone omosessuali rifiutino per prime, almeno in pubblico, la definizione di “omosessuale”.

Molto si deve al celebre Rapporto Kinsey, dedicato al comportamento sessuale maschile. Kinsey ebbe l’idea di applicare anche alla specie umana il metodo usato nelle ricerche scientifiche, catalogando i soggetti in base non a ciò che dichiaravano di essere, ma in base a quello che dichiaravano di avere fatto. Grazie a tale studio scoprì che quasi la metà dei soggetti studiati aveva avuto contatti sessuali protratti fino all’orgasmo con una persona dello stesso sesso almeno una volta nella vita. Inoltre, il 5% (una su venti) fra le persone studiate aveva avuto esclusivamente rapporti omosessuali nel corso della sua vita dopo l’adolescenza, e un ulteriore 5%, pur avendo avuto rapporti con entrambi i sessi, ne aveva avuti in prevalenza col proprio sesso. Ovviamente tale ricerca provocò non pochi disappunti, così che la ricerca subì un ridimensionamento e da allora le ricerche sulla percentuale di omosessuali sono compiute con estrema cautela, su campioni limitati, spesso traendo conclusioni in base al modo in cui gli intervistati si definiscono anziché in base al loro comportamento effettivo. Per questo motivo la stima dell'”uno su venti” (cioè del 5%) continua ad essere considerata come la più attendibile da un punto di vista scientifico, al punto da essere adottata ufficialmente dall’OMS per valutare l’incidenza dell’omosessualità esclusiva all’interno della popolazione umana. Inoltre, l’omosessualità era stata inclusa nel primo DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) fra i “disturbi sociopatici di personalità”; nel 1968 il DSM II la classificava come “deviazione sessuale”. Infine, nel 1973 l’American Psychiatric Association (APA) prese atto dell’assenza di prove scientifiche che giustificassero la precedente catalogazione dell’omosessualità come patologia psichiatrica, cancellandola dal suo elenco delle malattie mentali, il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders.

Per pedofilia s’intende l’attrazione sessuale verso bambini in età pubere o pre-pubere. La psichiatria (secondo il criterio DSM IV-TR) definisce pedofili solo quelle persone, aventi più di 16 anni, per le quali i bambini o le bambine costituiscono l’oggetto sessuale preferenziale, o unico. Occorre inoltre che il sintomo persista in modo continuativo per almeno 6 mesi. Non si considera pedofilia il caso di persone maggiorenni quando la differenza di età rispetto al minore è meno di 5 anni. Non sono da considerare pedofili i soggetti attratti principalmente da persone in fasce di età pari o superiori ai 14 anni. Spesso il termine pedofilia viene usato per definire un’intera tipologia di reati, cioè gli atti illeciti che sono conseguenza del desiderio sessuale pedofilo. Anche se questi atti illeciti possono comprendere atti gravissimi di violenza, il coinvolgimento del minore in attività sessuali – anche non caratterizzate da alcun tipo di violenza o minaccia – è di per sé considerato reato. “L’abuso sessuale costituisce sempre e comunque un attacco confusivo e destabilizzante alla personalità del minore e al suo percorso evolutivo”.

In poche parole, mentre l’omosessualità è la normale variante dell’orientamento sessuale di due persone dello stesso sesso che decidono insieme di stabilire un rapporto affettivo reciproco, la pedofilia è un disturbo psicologico del desiderio sessuale che spesso porta colui che ne soffre a violare un’innocenza, provocando violenza su minori (che non sono consenzienti o peggio sono ignari di ciò che gli succede). La differenza tra sesso e violenza sessuale, ovvero tra un rapporto paritario tra due persone fisicamente e psicologicamente adulte, e due persone di cui una nemmeno conosce il sesso, o non è pronta fisicamente e psicologicamente, dovrebbe essere piuttosto chiara a tutti.

Quanti e chi sono i pedofili?

La pedofilia è riscontrata sul 90% di uomini eterosessuali. Quindi come esistono pedofili eterosessuali esiste anche una ridotta percentuale di pedofili omosessuali. I pedofili vengono distinti in tre categorie: latenti, attivi e killer. I primi hanno una morbosa passione per i ragazzini, che resta a livello di fantasie erotiche. Gli attivi realizzano violenze psichiche o fisiche a danno dei bambini; ad esempio somministrando loro droga allo scopo di stordirli in modo da facilitare l’abuso sessuale. I killer manifestano un lato sadico il cui massimo godimento rappresenta la morte della vittima.

Riportando dei dati, in Italia sarebbero 400.000 i pedofili. Solo alcuni giornali ne parlano. Dal 1998 ad oggi il New York Time ha dedicato 150 articoli, La Repubblica, 40. Il 3% della popolazione è coinvolta con la pedofilia in rete, il 97% dei casi avviene in famiglia, parrocchia, con i vicini di casa. Don Fortunato Di Noto, dopo gli arresti di presunti pedofili, ha minacciato di fare dei «nomi eccellenti», ma quelli di presunti politici italiani non verranno mai rivelati. I casi di pedofilia clericale in Italia, negli anni recenti, sono una cinquantina. Dal 2003 risultano 17 condanne e 24 in giudizio. L’Italia è un caso unico al mondo, perché c’è di mezzo un Concordato, i politici non hanno nessun interesse di inimicarsi la gerarchia cattolica che condiziona il voto dei cattolici e poi si tratta di un paese a sovranità limitata, essendo anche la “parrocchia del papa” (dicono gli storici). Non si sa quanti preti pedofili perseguiti in patria (200 solo negli USA, 3.000 le loro vittime) siano riparati in Italia (almeno una decina) o in altri paesi del terzo mondo.

Allora omosessualità e pedofilia hanno qualche collegamento?

A mio parere omosessualità e pedofilia non hanno nessuna relazione salvo quelle costruite dalla chiesa cattolica (e dai monoteisti in generale) mediante l’imposizione delle fobie sessuali. Inoltre, è necessario coprire le vergogne, che negli ultimi anni sono venute sempre più a galla, di una Chiesa malata e corrotta. E’ ovvio che la strada più facile da seguire è quella di colpevolizzare gli omosessuali, facendo passare l’idea che riconoscere i diritti agli omosessuali, o più in generale riconoscere l’omosessualità come normale orientamento sessuale, equivalga a riconoscere al pedofilo il diritto di agire liberamente.

Girovagando nel web, ho poi trovato l’interessante studio di R. Sipe, che da 25 anni studia il fenomeno. Egli sostiene che il sistema clericale riguardo la corporeità (celibato in specie) «blocca lo sviluppo psicosessuale del prete ad un livello preadolescenziale». Infatti: a) «Le deficienze della struttura dei seminari e il fallimento dell’integrazione di sesso e celibato creano una situazione in cui l’adolescenza è protetta e ritardata, o dove il celibato del prete funge da riparo per conflitti sessuali irrisolti». b) «La struttura e l’atmosfera di potere della Chiesa tollera e in alcuni casi incoraggia la fissazione e la regressione sessuale». c) «La preferenza per la segretezza gioca a favore dell’affidabilità del prete e dei suoi superiori» d) «La mancanza di credibilità degli insegnamenti della Chiesa sul sesso promuove difese mentali primitive come negazione, razionalizzazione e scissione». Il 2% dei preti cattolici può essere considerato pedofilo in senso letterale. Si può parlare di patologia ecclesiogenica: «la sindrome è causata dalla educazione che rende tabù le aree del sesso e dell’erotismo, proibendone le discussioni in pubblico, che vengono considerate immorali, e a volte soggette a pene». «Le perversioni e le compulsioni sono i sintomi principali quando una sessualità salutare è repressa e negata invece che essere riconosciuta, praticata oppure gioiosamente e volontariamente abbandonata».

Sipe indica alcuni punti da cui ripartire per una soluzione:

1) La chiesa sa e sapeva della situazione ma ha tollerato, coperto, mentito in

osservanza alla legge interna del segreto, che ha la sua parte di responsabilità.

2) La Chiesa non ha saputo monitorare gli abusi e i fedeli esigono la piena

affidabilità.

3) Escludendo la donna dai luoghi di comando e di potere, se ne fa una figura

idealizzata, verginale e materna, creando una struttura psicologica, che rafforza

l’immaturità psico-sessuale.

4) L’insegnamento morale sulla sessualità basato su una «falsità antropologica»

scredita il magistero: «Ogni pensiero, parola, desiderio o azione sessuale al di fuori

del matrimonio è peccato mortale. Ogni atto sessuale all’interno del matrimonio

non indirizzato alla riproduzione è peccato mortale».

5) Solo una riforma sul sesso/celibato darà una risposta efficace agli abusi sessuali

e questa è la sfida più significativa che la Chiesa deve affrontare.

Ecco, invece, cosa afferma il Vaticano: “Gli omosessuali sono tre volte più inclini ad essere pedofili rispetto agli uomini eterosessuali. Questa forma di comportamento deviante è il tipo più comune di abuso da parte del clero ed è direttamente connesso al comportamento omosessuale. Purtroppo esiste una subcultura omosessuale all’interno della Chiesa. Ciò è dovuto a diversi fattori. La confusione della Chiesa in conseguenza della rivoluzione sessuale degli anni ’60, il tumultuoso seguito del Concilio Vaticano II, e la maggiore approvazione del comportamento omosessuale nella cultura diffusa hanno creato un ambiente in cui gli uomini omosessualmente attivi sono stati ammessi e tollerati nel sacerdozio. La Chiesa confidava nella psichiatrica per vagliare i candidati e per curare i preti con problemi. Mentre il modo di rivolgersi da parte della Chiesa nei confronti di coloro che lottano con le attrazioni omosessuali è stato compassionevole, essa è stata ferma nel mantenere il punto di vista secondo il quale l’omosessualità è oggettivamente disordinata e il matrimonio tra un uomo e una donna è il contesto proprio per l’attività sessuale”.

Ma la mia domanda è: “Se è vero, come dicono gli studi, che il 90% dei pedofili sono eterosessuali, com’è possibile che non ammettendo preti omosessuali si risolva il problema pedofilia? E’ dunque errato fare un qualunque ragionamento del tipo eterosessuale/omosessuale = pedofilo!”.

Forse è più veritiero dire che la liberazione dei rapporti omosessuali nella società civile disarma la chiesa cattolica, e che vi è una molteplicità e complessità degli attori coinvolti!

Riporto di seguito l’articolo pubblicato dall’Unità il 18/05/05:

“Dal gennaio 2005 esiste presso la Corte distrettuale di Harris County (Texas) un procedimento a carico di Joseph Ratzinger. Insieme al responsabile della diocesi di Galveston Houston, l’arcivescovo Joseph Fiorenza, i sacerdoti Juan Carlos Patino Arango e William Pickand figura anche il nome dell’attuale pontefice. È chiamato in giudizio con l’accusa di aver coscientemente coperto, quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, sacerdoti accusati di abusi sessuali effettuati su minori. A muovere l’accusa, documenti vaticani alla mano, è l’agguerritissimo avvocato Daniel Shea, difensore di 3 vittime di molestie di pedofilia […] ha manifestato in piazza san Pietro insieme ad esponenti del partito radicale contro le coperture assicurate ai preti pedofili. Tutto parte dal «Crimen Sollicitationis», un documento «strettamente confidenziale» del Sant’Uffizio a firma del cardinale Ottaviani del lontano 1962 che vincolava al segreto più assoluto, pena la scomunica immediata, tutti coloro, comprese le «vittime», che fossero coinvolti in procedimenti ecclesiastici riguardanti casi di pedofilia o molestie sessuali compiuti da religiosi. Secondo l’avvocato Shea quell’antica «istruzione» avrebbe avuto validità sino al 2001, così le gerarchie ecclesiastiche e vaticane avrebbero finito per «coprire» e favorire «deliberatamente» i «preti pedofili». La prova sarebbe in una nota dell’epistola «De Delictis Gravioribus» del 18 maggio 2001, che Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, aveva fatto recapitare ai vescovi e agli altri ordinati e membri della gerarchia ecclesiastica. A questa accusa le gerarchie vaticane hanno risposto che le norme contenute nel documento del 1962 non hanno più alcun valore vincolante dal momento in cui sono entrate in vigore le disposizioni che nel 1983 hanno riformato il Codice di Diritto Canonico, ma per Shea la lettera di Ratzinger non lascia spazio a dubbi. Ora la Corte di Houston ha il potere di chiamare in giudizio Joseph Ratzinger, ma l’attuale pontefice, avrebbe avanzato «richiesta formale d’immunità al presidente degli Stati Uniti, che non ha ancora reso nota la sua decisione in merito». Il presidente George W. Bush può solo suggerire al tribunale di valutare questa opportunità. La Corte potrebbe autonomamente riconoscerla. Questo non fermerebbe l’avvocato Shea che ha assicurato di essere pronto, pur di difendere gli interessi dei suoi assistiti, a ricorrere sino alla Corte suprema contro questa decisione. In nome della separazione tra Chiesa e Stato si dice pronto a chiedere la messa in discussione del riconoscimento diplomatico da parte di Washigton della Santa Sede come Stato sovrano”.

Bisognerebbe, secondo me, quindi, riconoscere la problematica ed affrontarla in maniera più profonda, ammettendo la sua complessità, al fine di giungere ad una reale prevenzione della pedofilia, comprendendo come possa una persona diventare pedofilo ed evitare che questo avvenga.